Bruno Colorio 1911-1997

Mostra - da martedì 13 dic 2011 | a martedì 10 gen 2012

  • Bruno Colorio, "Paesaggio stilizzato", 1957-1958

    Bruno Colorio, "Paesaggio stilizzato", 1957-1958

  • Bruno Colorio, "Donna con bambina" (dettaglio), 1938

    Bruno Colorio, "Donna con bambina" (dettaglio), 1938

  • Bruno Colorio, "Casa rossa tra le vigne", 1961

    Bruno Colorio, "Casa rossa tra le vigne", 1961

  • Bruno Colorio, "Miss Betty Salomon" (dettaglio), 1938

    Bruno Colorio, "Miss Betty Salomon" (dettaglio), 1938

Quando
da martedì 13 dic 2011 | a martedì 10 gen 2012
Prezzo
Credits
A cura di Margherita de Pilati
Dove
Fuori sede
Tipologia
Mostra

Nato a Trento nel 1911, nel 1930 Colorio si trasferì a Roma per il servizio militare, al termine del quale si iscrisse all’Accademia. Tuttavia, ai corsi ufficiali, preferì quelli tenuti nei propri studi dagli artisti Sigmund Lipinsky ed Attilio Giuliani. Dal 1936, finita la guerra, iniziò a esporre e a frequentare le gallerie d’arte romane, dove conobbe Gino Severini, Giorgio de Chirico, gli esponenti della Scuola Romana, Scipione e Afro. A Roma, Colorio entrò in contatto anche con Mario Mafai e la moglie, l’artista lituana Antonietta Raphaël: a loro si ispirò per dipinti come “Fiori e libri” del 1939 o “Ragazza che si appoggia” del 1938, in cui la ricerca prospettica è privilegiata rispetto allo studio sul colore.

La mostra presenta una selezione di quaranta opere che illustrano tutte le fasi della ricerca artistica del pittore trentino. Il dipinto “Donna con bambina”, datato 1938 e pubblicato per la prima volta in occasione di questa esposizione, testimonia come Colorio ha interiorizzato la lezione della Scuola Romana, accogliendo nelle pose plastiche e nei colori accesi gli spunti provenienti da Mario Sironi, da Antonio Donghi e da Achille Funi. Altra tela importante, sempre datata 1938, è “Ritratto di Betty Salomon”, descritto da Gabriella Belli come “un quadro di grande efficacia interpretativa del soggetto, che sembra colto al volo, con leggerezza, senza dunque la fissità monumentale anche tragica di certa ritrattistica di quel tempo”.

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